"""""""""SENTENZA N. 287
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
(...)
nei
giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per
lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.
148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna,
Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente
decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato
decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di
orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli
specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in
funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta
eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti
in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati
ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di
orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi,
proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di
neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del
relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni
regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di
cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il
relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria
ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino
l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e
di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia
di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione
professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di
questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la
competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione
professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche
che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia
mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in
relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i
quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la
disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di
lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra
nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo
intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento
civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24
del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare,
peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro»
(così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed
ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può
venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema
scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade
sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente
(sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in
tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale
viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione
(sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia
di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva
potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo
comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di
competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in
virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante
orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone
in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un
territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della
disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere
posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La
seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una
serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non
curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe
comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di
beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella
citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle
normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non
ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la
normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia
di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato
art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle
Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997
– peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della
riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta
a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già
assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il
titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che
non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del
legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del
2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni
delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione
(sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi
standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il
territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili
e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È
evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a
prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con
l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve
essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117,
quarto comma, della Costituzione
(...)
11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
(...)"""""""""
venerdì 21 dicembre 2012
martedì 27 novembre 2012
CHIUDE ILVA DI TARANTO: SCIOPERO E TENSIONE
Dell'ILVA di Taranto già ci eravamo
occupati in passato
il 30 luglio
il 18 agosto
e il 23 agosto
La situazione è evoluta fino all'epilogo
di stamattina
Dalla lettura delle nostre iniziali
prese di posizione, che confermiamo al cento per cento anche alla luce dei più
recenti avvenimenti, potrete constatare che, come suol dirsi, avevamo
(amaramente) ragione e ci avevamo visto giusto. Purtroppo, anche per il fatto
che come AGL siamo nati a giugno, non abbiamo avuto la possibilità di essere
presenti, in loco e di parlare direttamente ai lavoratori coinvolti i quali, da
anni (ma sembra l'abbia fatto pure l'azienda) si sono costantemente e
massicciamente rivolti a CGIL, CISL, UIL. Altri sindacati minori si sono fatti
sentire ma ciò non ha spostato il baricentro della strategia del movimento di
protesta. I risultati sono stati quindi quelli che conoscete. Delusione e
disperazione dei lavoratori. Sindacati che non sanno che pesci prendere. Governo
(e istituzioni) completamente rintronati, ai massimi livelli.
Giovedì prossimo è previsto un incontro
tra governo, azienda e parti sociali che dovrebbe sfociare in un provvedimento
d'urgenza i cui contenuti, allo stato, non è dato conoscere ma che sappiamo già
non sarà risolutivo ma solo interlocutorio.
Noi non saremo a quell'incontro ma
riteniamo utile, per l'ennesima volta, a futura memoria, ribadire e specificare
il nostro punto di vista, radicalmente alternativo a quello degli altri
sindacati.
Speriamo di essere chiari, una volta per
tutte.
Produrre acciaio , anche senza
inquinare, in Italia NON è “strategico”.Non porterebbe da nessuna parte né
aumentare le tasse né richiedere prestiti alla collettività per effettuare
investimenti che tutti concordano essere dell'entità di miliardi di euro, sia
che vengano gestiti dal soggetto pubblico né, men che meno ,dal soggetto
privato. Anche se è stato praticato da altri paesi industrializzati di recente
(ad esempio il governo USA con la Chrysler ) il concetto di “salvataggio”
dell'industria da parte dello Stato con soldi pubblici è sbagliato perchè di
corto respiro, oltre che insostenibile in epoca di enorme debito pubblico. E poi
gli USA e gli altri paesi industrializzati sono una cosa, il cosiddetto
“sistema” Italia è un'altra, con caratteristiche sue peculiari. In esso è
evidente che ancora sono in vita (per poco) aziende in crisi che non dovrebbero
più esistere. Ad esempio le acciaierie italiane non sono e non potranno essere
più competitive nel mondo. Già certi processi sono in corso e sorprende che dal
mondo accademico, cui l'attuale governo è così legato, nessuno faccia presente
che tra dieci anni l'acciaio, nel mondo, sarà prodotto, a costi per noi
insostenibili, da polacchi, cinesi, indiani, sudamericani. Si tratta di
produzioni a basso valore aggiunto che troveranno contesti paese più adatti alla
loro produzione, rispetto alle caratteristiche dell'Italia. Per l'acciaio
l'Europa Occidentale è finita, non ha futuro. Il problema di fronte alle classi
dirigenti del nostro continente è investire in attività e imprese che abbiano un
futuro. Le aziende che lo hanno sono quelle che producono autonomamente utili,
che riescano a mantenersi sul mercato, non quelle che campano di sussidi
pubblici. Questo quadro è peggiorato, in Italia, dall'incapacità dei sindacati
di pretendere e ottenere aumenti salariali derivanti dalla eventuale riduzione
di imposte e contributi. Questi sindacati sono infatti sotto il ricatto e il
potere di una pubblica amministrazione mastodontica che vuole ingrassare sempre
di più, senza dare servizi decenti e che dà da mangiare a partiti e agli stessi
sindacati. Tutto ciò rende non più competitivo il costo del lavoro italiano.
Oltre all'acciaio, analogo discorso può essere fatto per il carbone e per la
situazione sarda. Le strade che si stanno percorrendo non porteranno a nulla se
non a maggiori illusioni e caos. Potevamo arrivarci con più calma e
organizzazione. Le classi dirigenti sono state miopi e ora per salvarci dovremo
fare in fretta, molto in fretta. Taglio di rami inutili della pubblica
amministrazione, mobilità guidata e veloce del personale tra amministrazioni
esaurite e quelle che abbiano una prospettiva per evitare licenziamenti,
utilizzo massiccio delle zone franche fiscali per promuovere sviluppo,
investimento per lo più in turismo e cultura. Questa l'unica via d'uscita, per
Taranto e per la Sardegna, dicendo addio all'ILVA e alle miniere. Ma ciò vale in
generale per l'Italia e per situazioni analoghe sul territorio. Basta con l'auto
a benzina, si parta subito con l'elettrico e con i mezzi di trasporto pubblico.
Se FIAT vuole starci bene, altrimenti scindere i destini del nostro Paese da
quelli di questa azienda. Come altri hanno detto, ci sono circa due miliardi di
persone, dalla Cina e dall'India che già vorrebbero venire a visitare l'Italia
ma che non possono farlo per la nostra disorganizzazione nel settore turismo e
cultura (ad esempio il nostro patrimonio artistico non è catalogato e
digitalizzato) . L'Italia ha i cervelli e gli imprenditori per poter realizzare
ciò. Monti li metta in condizione di lavorare. Quando si sostiene che nessun
paese al mondo ha una economia che funziona senza la presenza dell'industria, si
dimentica di dire che quelle dell'acciaio e quella del carbone sono solo due dei
tipi di industria. La divisione del lavoro internazionale sta cambiando, quei
tipi di industria che abbiamo avuto nel passato tra poco emigreranno verso paesi
nei quali le condizioni per ospitarle sono più adeguate. L'Italia deve avere
l'industria ma non di quel tipo. Turismo e Cultura possono procurare, se
sviluppati e organizzati, anche più posti di lavoro della decadente industria
pesante italiana. L'Italia, altri hanno detto, e a ragione, potrebbe essere per
l'Europa quello che la Florida è per gli Stati Uniti, con una qualità della vita
incomparabilmente migliore. Capiamo che imprenditori che hanno campato di aiuti
statali finora e sindacati che hanno vissuto di trattenute sindacali di
lavoratori dipendenti di fabbriche di massa possano essere a disagio in
conseguenza di questi cambiamenti. Ma il problema è capire se l'interesse del
Paese coincida con loro o con altre esigenze della popolazione. Ovviamente, nel
mezzo, ci sono altri casi in cui una produzione (stiamo parlando dei nostri
settori di eccellenza) ha senso che rimanga in Italia ma è necessaria una
ristrutturazione relativa a caratteristiche organizzative che diminuiscono la
competitività. Ma è finito il tempo di sprecare e buttare soldi pubblici. In
Italia dobbiamo avere il coraggio di far fallire imprese decotte e superate e di
favorire il ricambio ad opera di soggetti più dinamici che creino profitti e
posti di lavoro, stimolando la raccolta di capitali dai privati , facilitata
dalla detassazione degli investimenti. .
Sorprende che nessun sindacato italiano
oltre al nostro abbia il coraggio di sostenere queste cose.
In bocca al lupo agli operai dell'ILVA e
dell'indotto, siamo e saremo con loro indipendentemente dal fatto che siano
d'accordo o meno con quanto da noi proposto.
martedì 11 settembre 2012
CARI OPERAI DELL'ALCOA, PER EVITARE CHE VENGANO SPENTE LE PRIME CENTO CELLE DELLO STABILIMENTO..........
..........chiedete ai Partiti di gemellarne ognuna con una delle cento Province italiane, col patto che ogni cella potrà essere spenta solo dopo che venga soppressa la Provincia abbinata ad essa. Vedrete che le celle dell'ALCOA diverranno eterne e voi lavorerete per sempre...........
mercoledì 5 settembre 2012
AMMORTIZZATORI SOCIALI IN DEROGA NEL SETTORE PESCA
Riportiamo, per opportuna conoscenza dei lavoratori del settore, ampio stralcio del testo dell'accordo sottoscritto al Ministero del Lavoro il 7 agosto scorso per l'accesso anche nel settore Pesca agli ammortizzatori sociali in deroga:
""""""""""(...)
""""""""""(...)
VISTO
I'accordo governativo del 17.07.12 con il quale si è disposta l'assegnazione della somma
complessiva di 30 milioni di euro finalizzati alla Cassa Integrazione Guadagni in deroga per il
"Settore pesca".
VISTE
le successive istanze pervenute dalle Parti sociali presenti all'odiema riunione finalizzate alla
sottoscrizione del citato accordo.
VISTA
la legge del 12.11.2011, n.183,che all'art. 33, comma 21, prevede la concessione, per periodi non superiori a 12 mesi, in deroga alla normativa vigente, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi ed aree regionali.
TUTTO CIO'VISTO,
le Parti raggiungono la seguente intesa.
1)Il presente accordo in sede governativa dispone l'assegnazione, a valere sulle risorse
destinate agli ammortizzatori sociali in deroga per l'annualità 2012, della somma
complessiva di 30 milioni di Euro finalizzati alla Cassa Integrazione Guadagni in deroga per
il "Settore pesca", per l'anno 2012 e, comunque, sino ad esaurimento delle risorse assegnate,
anche tenuto conto delle istanze ad oggi giacenti e riferite alle annualità pregresse.
2)La CIG è erogata secondo le disposizioni in materia al personale imbarcato, dipendente e
socio lavoratore di cui alla L. 142/2001 delle Imprese di pesca interessate dallo stato di crisi
che ha investito il settore, e che benefici di un sistema retributivo con minimo monetario
garantito.
3)Il trattamento di integrazione salariale è riconosciuto in tutte le situazioni di crisi del settore,
anche collegate ai periodi di fermo biologico, in cui si renda necessario sospendere l'attività
lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro.
4)L'accesso alle misure di sostegno al reddito di cui al presente verbale potrà avvenire sulla
base di specifici accordi, comprensivi degli elenchi nominativi dei lavoratori beneficiari,
sottoscritti dalle Parti sociali presso le Istituzioni territoriali competenti a livello di una o più
marinerie e di successive istanze da presentare agli Uffici Inps competenti per territorio
entro e non oltre la data del I 5.01. 2013 .
5)L'INPS viene incaricato dell'ammissione ai trattamenti e dell'erogazione, nei limiti delle
risorse assegnate, delle prestazioni di CIG, sulla base del presente accordo, provvedendo,
inoltre al monitoraggio a livello centrale delle prestazioni erogate dalle Sedi periferiche.
6)Le Parti concordano, al fine di facilitare il monitoraggio di cui al punto precedente, di
ricorrere - per l'annualità 2012 - al pagamento diretto da parte dell'INPS dei trattamenti di
sostegno al reddito.(...)”””””””””
venerdì 24 agosto 2012
SIAMO CON GLI OPERAI DELL'ALCOA DI PORTOVESME (SARDEGNA). MA COSA HA FATTO IL GOVERNO DA MARZO AD OGGI? DI CHI ERA ED E' IL COMPITO DI TROVARE ALL'ESTERO EVENTUALI ACQUIRENTI PRIVATI DI AZIENDE ITALIANE IN CRISI?
Operai dell'ALCOA in rivolta a Cagliari. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2012/08/24/ALCOA-OPERAI-GETTANO-MARE-STOP-TRAGHETTI_7373538.html Siamo con loro (raccomandiamo solo di prestare attenzione a procurare il minor disagio possibile ad altri lavoratori che magari in questo momento devono usufruire dell'aereo a Porto Torres o dei traghetti a Cagliari). Quella dell'ALCOA è una delle gravissime crisi produttive irrisolte in Italia. Per riassumerle si veda l'articolo del Messaggero di oggi: http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/rassegna_stampa/pdf/2012082422452320.pdf Certo siamo d'accordo con chi dice che ciò è il frutto di anni di distrazioni e assenze dei governi nazionali sul versante delle politiche industriali che hanno determinato la scomparsa e lo sfarinamento di interi settori e filiere, la perdita negli ultimi cinque anni del 10% della base occupazionale dell'industria, la contrazione forte di produzione, ordinativi e fatturato. E che il governo dovrebbe costruire risposte rapide al tema dell' inadeguatezza delle infrastrutture, specie nel Mezzogiorno, la riduzione della pressione fiscale, l'accesso al credito, il riordino della Pa , la rimodulazione degli incentivi.
Ma non c'è più tempo nè per attendere che questa trasformazione radicale del nostro Paese abbia compimento (ci vorrebbero decenni e intanto gli operai e le loro famiglie cosa mangiano?) nè per adeguarsi ai tempi della concertazione (la quale avviene da anni nelle stanze del Ministero dello Sviluppo Economico e questi sono i risultati) nè avrebbe senso continuare per anni con i pannicelli caldi degli ammortizzatori sociali "cronici".
Qui ci sono due soggetti precisi, Ministero degli Esteri e Ministero dello Sviluppo Economico che non assolvono al compito di ricercare all'estero (e in fretta) nuovi acquirenti. Ciò, per l'ALCOA è quantomeno successo da marzo. L'affermazione che questo compito sia stato demandato alla multinazionale uscente fa rizzare i capelli. Ma a nessuno è venuto in mente che quest'ultima potrebbe non avere l'interesse a favorire suoi concorrenti esteri?Quindi, cari sindacati, sveglia. Non aspettiamo che siano gli operai a rischiare il posto e la vita. Bussiamo alle porte giuste e sfatiamo i tabù (uno dei quali ad esempio è l'istituzione di zone franche fiscali). Altrimenti viene il sospetto che qualcuno voglia far marcire queste situazioni per favorire acquirenti interni italiani a prezzi stracciati. E non sarebbe la prima volta. Gli operai protestino ma osservino e vigilino sulla lealtà di chi è ora apparentemente al loro fianco.
Ma non c'è più tempo nè per attendere che questa trasformazione radicale del nostro Paese abbia compimento (ci vorrebbero decenni e intanto gli operai e le loro famiglie cosa mangiano?) nè per adeguarsi ai tempi della concertazione (la quale avviene da anni nelle stanze del Ministero dello Sviluppo Economico e questi sono i risultati) nè avrebbe senso continuare per anni con i pannicelli caldi degli ammortizzatori sociali "cronici".
Qui ci sono due soggetti precisi, Ministero degli Esteri e Ministero dello Sviluppo Economico che non assolvono al compito di ricercare all'estero (e in fretta) nuovi acquirenti. Ciò, per l'ALCOA è quantomeno successo da marzo. L'affermazione che questo compito sia stato demandato alla multinazionale uscente fa rizzare i capelli. Ma a nessuno è venuto in mente che quest'ultima potrebbe non avere l'interesse a favorire suoi concorrenti esteri?Quindi, cari sindacati, sveglia. Non aspettiamo che siano gli operai a rischiare il posto e la vita. Bussiamo alle porte giuste e sfatiamo i tabù (uno dei quali ad esempio è l'istituzione di zone franche fiscali). Altrimenti viene il sospetto che qualcuno voglia far marcire queste situazioni per favorire acquirenti interni italiani a prezzi stracciati. E non sarebbe la prima volta. Gli operai protestino ma osservino e vigilino sulla lealtà di chi è ora apparentemente al loro fianco.
venerdì 6 luglio 2012
CHIMICA VERDE: UNA SPERANZA PER LA SARDEGNA, PER LA SUA AGRO-INDUSTRIA E PER IL SUO FABBISOGNO ENERGETICO
Leggiamo con piacere una notizia in controtendenza rispetto alle vicissitudini di questi anni dei lavoratori dell'industria sarda.
Dal sito de LA NUOVA SARDEGNA
http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2012/07/06/news/chimica-verde-si-parte-matrica-apre-i-cantieri-1.5367439
Primo elemento: un impianto petrolchimico rimpiazzato da azienda operante nella chimica verde.La partecipazione non passiva degli agricoltori e organi di controllo dell'ambiente al passo con le esigenze dello sviluppo.Grande interesse desta la realizzazione del concetto di filiera innovativa e il coinvolgimento dei vari attori di essa.
I comitati di cittadini molto attivi nelle realtà locali sarde non mancheranno di far sentire la loro voce e di far pesare il loro parere in materia.
Per anni abbiamo sostenuto che per risalire la china (crisi generale dell'agroindustria e specifica dell'economia sarda) occorreva inventarsi qualcosa di nuovo. Ora abbiamo qualcosa di molto concreto su cui anche i lavoratori sardi vorranno dire la propria. L'ideale sarebbe salvaguardare al massimo le tradizioni e evitare che dal bisogno di sviluppo scaturiscano deleterie distorsioni e speculazioni. Quindi vigilanza critica ma anche partecipazione entusiasta a queste novità
Dal sito de LA NUOVA SARDEGNA
http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2012/07/06/news/chimica-verde-si-parte-matrica-apre-i-cantieri-1.5367439
Primo elemento: un impianto petrolchimico rimpiazzato da azienda operante nella chimica verde.La partecipazione non passiva degli agricoltori e organi di controllo dell'ambiente al passo con le esigenze dello sviluppo.Grande interesse desta la realizzazione del concetto di filiera innovativa e il coinvolgimento dei vari attori di essa.
I comitati di cittadini molto attivi nelle realtà locali sarde non mancheranno di far sentire la loro voce e di far pesare il loro parere in materia.
Per anni abbiamo sostenuto che per risalire la china (crisi generale dell'agroindustria e specifica dell'economia sarda) occorreva inventarsi qualcosa di nuovo. Ora abbiamo qualcosa di molto concreto su cui anche i lavoratori sardi vorranno dire la propria. L'ideale sarebbe salvaguardare al massimo le tradizioni e evitare che dal bisogno di sviluppo scaturiscano deleterie distorsioni e speculazioni. Quindi vigilanza critica ma anche partecipazione entusiasta a queste novità
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